Leggi in: Italiano - English - Français - Español
Argomenti
La morte di un papa
di Giulio Tamburrini
Frastornati da una montante sarabanda mediatica, siamo stati sospinti dentro la valle di Giosafath per assistere alla cerimonia d'ingresso del rudere più petulante del teatro cattolico nel regno della morte e con raro stupore, manodotti da Ratzinger, ci siamo trovati, senza sapere come, affacciati con lui alla finestra della casa del Padre.(?)
Ai piedi di questa scena da colossal hollywoodiano, come campi elisi arati a scacchiera, chiazze di boriosi prelati, usciti da tutti i fornici del disonore dell'intelletto umano, con mitria da coccodrillo e volgari vestimenti, macchiavano di rosso diavolo ampi stazzi del sagrato di quella messinscena parossistica allestita nottetempo per questo giudizio universale.
Davanti agli officianti indaffarati dietro un lussuoso altare da campo in missa solemnis, fa da schermo frangisenno un crocifisso king size dal pallido incarnato nordeuropeo e dalla faccia più qualunquista mai creata da un pupazzaro napoletano, teso e senza neppure la movenza dei crocefissi gotici, a cui pare si ispirasse, non vista, la Wanda Osiris pei i suoi shows.
Al centro del sagrato, come su un tumulo sacrificale, in stridente contrasto con la vieta retorica della scenografia incombente, cattura l'emozione del mondo una bara di essenzialità euclidea in cui riposa il gran morto insieme con un quarto di secolo di storia della Chiesa: pedofilia, usura, riciclaggio, Solidarnosh, stadi e folle, parossismo mediatico, il dogma demografico, che,in nome della vita, uccide per fame 25 milioni di bambini ogni anno, Padre Pio, Fatima Emanuela Orlandi, Lupi grigi e quant'altro.
Lasciata lì da un caso molto studiato, traborda dal piano bara una grande, rossa brochure su cui è impressa una strana croce-gru col braccio lungo sopra un monogramma dal design firmato.
L'obelisco di Caligola al centro della piazza che, nonostante gli sforzi clericali per battezzarlo, sta intatto nella sua essenza pagana e la sua ombra, che scorre sulla meridiana più grande del mondo, ad onta di tutta la purulenza monoteista, continua a segnare ore pagane.
In basso, in primo piano di questa visione di una volgarità apocalittica, cui fa da sfondo il capolavoro massimo del kitsch mondiale, la basilica di San Pietro - opera che sfugge mirabilmente a tutte le categorie dell'arte e si impone in tutta la sua volgarità solo come grandiosa, maestosa e dunque sacra, divina, altro subliminale della Chiesa -c'è il bordone fisico dei reprobi: i troni, le dominazioni, i principati, le gerarchie di questa Gerusalemme terrestre; da Carlo d'Inghilterra a Bush, a Berlusconi, a Fidel Castro, a Bertinotti di recente salvazione e uno stuolo di figuranti coronati e bacucchi ammassati colà dall'antica, barbarica mania di una legittimazione divina.
Angeli tubicini vagano nell'aria a eccitare cantici di gloria e folate di applausi, che passano sulla folla come le commozioni cutanee sulla schiena dei somari.
Tutta questa faraonica, biblica rappresentazione giunta all'orizzonte degli eventi, si spegne a sera come un tizzone striso nella crisi del governo Berlusconi.
Nessuno dei partecipanti che non sia avvertito semiologo, scorge i bordi della trappola in cui è caduto e scambia per nodo alla gola dovuto all'emozione il collare dentato che gli si è chiuso intorno al collo.
IL MESSAGGIO E' IL MEZZO! ! !
Dalla Bibbia agli Atti, a tutte le Scritture, la Chiesa nasconde sotto il veicolo scenografico narrativo il suo messaggio di morte, così bene che puoi non avvertirlo per tutta la vita pur essendone prigioniero.
Dell'agonia del suo capo la Chiesa ha fatto un capolavoro di maestria esegetica disseminato di trappole emotive entro cui attira il popolo dei creduli.
Una regia subliminale che conta con sicumera sul servilismo leccaiolo dei media per vendere ai tifosi lo sfacelo fisico del vecchio papa minuto per minuto, mentre curve sud di papaboys gli gridano: "Sei fortissimo!".
Così, come nella notte dell'Urigallu, la Chiesa ricaccia il mondo nella dimensione babilonese del dolore, additato come espiazione di colpe mai commesse; lo risospinge alla schiavitù del divino, che "castigando redime", perché la dimensione umana che ti lega al dolore e alla morte, è castigo e dono del loro Dio. (Lo sdegno di Ippocrate, che aveva strappato il male fisico dalle mani di Dio per sanarlo, viene travolto dalla cecità dei più!)
Ti costringe dogmaticamente a persuaderti che da sempre sei parte di un progetto divino da cui non puoi uscire, né capire.
Questo delirio collettivo è manovrato dalla coppia elicoidale Sodano-Ruini, gli occhiuti dioscuri a capo della lobby esentasse più potente del mondo.
Abbacinata da questa esplosione infinita di effetti speciali, la gente non vede più, non sa più vedere e tanto meno capire,mentre applaude il funerale di se stessa e del proprio avvenire.