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Argomenti
Documenti della prima metà del II Secolo
Esaminati i documenti
del primo secolo, nei quali nulla si è trovato che
si riferisca alla figura storica di Gesù, all'infuori
di falsificazioni che non possono che confermare la sua inesistenza,
passiamo ora a quelli della prima metà del II secolo.
Fu nella prima metà del II secolo che si conclusero
i programmi delle due correnti, la guerriera e la spiritualista,
che, dopo la separazione avvenuta in seguito alla guerra del
70, avevano perseguito separatamente ciascuna secondo il proprio
programma.
Mentre la prima terminò il suo ciclo con la sconfitta
del 135 che subì Bar Kokeba, ultimo Messia davidico,
la seconda si aprì a nuovi concetti teologici basati
sulla ricerca di una fede ragionata (gnosi) che avrebbe permesso
all'uomo di risalire a Dio attraverso gl'insegnamenti di un
Logos che, da atteso quale era stato per tutto il primo secolo,
si era improvvisamente trasformato in un Salvatore che aveva
già realizzato la sua missione redentrice sulla terra
prendendo dell'uomo soltanto le apparenze.
I motivi per cui i teologi esseni giunsero a questa decisione
sono due: primo, non avrebbero mai potuto ottenere un successo
definitivo sulle masse se avessero continuato a opporsi al
sincretismo pagano, basato su Soteres che si erano già
realizzati, con l'astrattismo di un Messia che ancora doveva
venire; secondo, si doveva porre termine all'attesa di un
Messia che, non arrivando mai, cominciava a stancare gli esseni
stessi.
Ma come giustificare al mondo la figura di un Messia già
esistito se fino ad allora essi stessi avevano sostenuto che
doveva ancora venire?
Ebbene, questo problema che potrebbe apparire insolubile alla
ragione ed al buon senso, lo risolsero dando la colpa a essi
stessi dicendo che se erano rimasti ad aspettarlo ciò
era dipeso dal fatto che non lo avevano riconosciuto quando
era venuto. E attribuendo la sconfitta della guerra del 70
ad una punizione inflittagli da Dio per aver commesso la colpa
di non riconoscere il Messia che lui gli aveva inviato, confermarono
il fatto invocando la profezia di Isaia che lo aveva preannunciato:
<<Egli (il Messia), dopo essere passato tra gli uomini
in maniera così umile e modesta nelle parvenze da non
essere rimarcato da alcuno, seguirà i suoi carnefici
silenzioso e docile come un agnello che viene condotto al
mattatoio>>.
Ma prima di soffermarci a parlare di come fu costruita la
vita terrena di questo Salvatore la cui esistenza veniva confermata
esclusivamente da una profezia, è bene conoscere il
concetto base della dottrina gnostica che
ne fu la supportatrice.
<<Nel colto mondo intellettuale di Alessandria d'Egitto
(città natale di Filone), durante il secondo secolo,
il problema religioso è inserito nell'ambito di una
matura esperienza filosofica e mistica. Allacciandosi al neoplatonismo,
gli gnostici ritengono che il cosmo sia formato da una gerarchia
di entità incorporee ( gli “eoni”) emanate
da Dio, sempre meno perfette a mano a amano che si allontanano
da lui, come la luce che progressivamente si attenua distanziandosi
dalla sua fonte. L'ultimo eone, l'anima umana, venuto a contatto
della materia, è stato sopraffatto da essa, è
caduto nelle tenebre, è divenuto schiavo del male,
del dolore, della morte. Questa situazione è quindi
conseguenza di oblio e ignoranza della propria origine divina,
e la gnosi è appunto il riprendere conoscenza di essa
e aspirare al ritorno di essa, cioè alla perfezione
di Dio (divinizzazione), momento di origine”.
Concedere all'uomo la possibilità del proprio riscatto
è un gesto d'amore da parte di Dio, che egli compie
inviando agli uomini il modello perfetto dell'uomo spirituale,
l'Anthropos celeste. Questi, con l'esempio di se stesso e
con la rivelazione delle verità dimenticate dall'uomo,
rende l'uomo partecipe delle gnosi, cioè della conoscenza
salvatrice”. (Craveri.op.cit. pag.476).
Come conseguenza, quindi, del fatto che la materia è
all'origine di tutti i mali, il Messia degli gnostici aveva
compiuto la sua missione di un predicatore essenzialmente
spirituale che aveva preso dell'uomo soltanto le apparenze.
Per poter meglio comprendere questo concetto, riporto la spiegazione
che dà il teologo Valentino per giustificare come sia
stato possibile a Cristo di svolgere un'attività del
tutto umana pur rimanendo purissimo spirito: << Il Salvatore,
avendo tutto tollerato, divenendo padrone di se stesso, era
giunto al punto di continenza che il cibo che mangiava non
si corrompeva nell'interno del suo corpo perché in
lui, quale puro spirito, non poteva essere corruzione di materia.
Mangiava e beveva come un uomo ma in maniera particolarissima,
non restituendo gli alimenti>>. (Tutta la teologia,
e soprattutto quella cristiana, è un insieme di demenze
e di follie che umiliano l'intelligenza umana!).
I vangeli gnostici, per lo più di
origine sirio-egiziana, che furono scritti nei secoli che
seguirono via che si svilupparono le varie correnti gnostiche,
furono innumerevoli, ma siccome a noi c'interessano soltanto
quelli da cui furono tratti i vangeli canonici, prenderemo
in esame i più antichi, cioè quelli che uscirono
nella prima metà del secondo secolo allorché
si cercò di costruire la figura di questo Cristo attraverso
la citazione di frasi e di sentenze che secondo gli gnostici
erano state da lui dette durante il suo passaggio sulla terra,
quel passaggio che, non essendo stato rimarcato da nessuno,
aveva come unico supporto della sua esistenza la profezia
di Isaia.
Le Logia o Loghia
Per dare credito alle varie asserzioni moraliste pronunciate
da questo Salvatore durante il suo passaggio sulla terra,
asserzioni tratte tutte da versetti della Bibbia o da quei
concetti che gli esseni avevano assimilato dalle religioni
pagane, come il discorso della montagna che era alla base
della morale Mazdeista (Mitra), esse furono attribuite a cronisti
che, in qualità di discepoli o di discepoli dei discepoli
del Messia, vennero dichiarati testimoni diretti dei fatti.
Queste citazioni, tutte rispettanti i principi gnostici, quindi
escludenti l'incanazione di Cristo, che S. Giustino scrittore
cristiano del II secolo, definì “corte e laconiche”,
alle quali fu dato il nome di Logia dal greco “logion”
che significa sentenza, sono state ritrovate in frammenti
di papiro scoperti a Ossirinco (Egitto) tra il 1897 e il 1903
(papiri di “Ossirinco” e papiro di “Egerton
”).
Datate intorno al 130-135, le Logia sono da considerarsi la
sorgente, come sono state dichiarate con la parola Quelle
(Q) che in tedesco significa appunto “sorgente”,
di tutti gli scritti e i vangeli che in seguito furono riferiti
alla vita di Gesù Cristo.
I primi libri che uscirono su ricopiatura di queste frasi
attribuite al Signore furono il vangelo di Tommaso, di Filippo,
della Verità, di Marco, di Matteo, un libricino intitolato
“Detti e sentenze del Signore” di un certo Papia,
vescovo di Geropoli in Frigia, e il vangelo di Marcione.
Vangeli di Tommaso, di Filippo e della Verità
A parte il vangelo della verità che “più
che un vangelo è una dissertazione su di alcuni punti
fondamantali della dottrina gnostica” (M.Craveri- Vangeli
Gnostici. Einaudi. Pag.547), gli altri due si fa presto a
definirli dicendo che sono una raccolta delle sentenze del
Signore che cominciano tutte con: <<Il Signore disse:
.....>>.
Craveri, attraverso un'analisi comparativa, ha dimostrato
come i vangeli canonici siano la riproduzione più fedele
delle 121 sentenze riportate dal vangelo di Tommaso, delle
127 del vangelo di Filippo, delle 47 del Vangelo della Verità
e delle altre riportate dai vari papiri quali quelli di Osirinco,
di Egerton, di Fayyun e di Berlino 11710.
Riportiamo alcuni esempi presi a caso di questi papiri per
dimostrare come è da essi che derivano i vangeli canonici:
<<Il Signore disse: Colui che cerca troverà,
e a colui che bussa sarà aperto>>. (Tommaso sentenza
101 ripresa da Matteo in VII. 7-8- e da Luca in XI 9-10)
<<Mostrarono a Gesù una moneta d'oro e gli dissero:
Gli uomini di Cesare ci chiedono le tasse- Egli disse loro:
Date a Cesare ciò che è di Cesare, date a Dio
ciò che è di Dio, e date a me ciò che
è mio>> (Tomm. sent. 107 = Mc. XII 14-17; Mt.
XX 16-12).
<<Gesù disse: La messe è grande davvero,
ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il Sigmore perché
mandi operai nella messe>>. (Tomm. sent. 80 = Mt. IX,
37-38; Lc.X, 2).
.<<Questo è il motivo per cui il Logos ha detto:
Già la scure è posta alla radice degli alberi>>.(Filippo,
sent.123 = Mt III,10).
<<I capi misero le mani su di lui per arrestarlo e consegnarlo
alla folla, ma non potevano pigliarlo, perché non era
venuta l'ora della sua consegna>>. (Papiro di Egerton
2 = Gv.. VIII 20).
<<Il Signore disse: Molti che sono i primi saranno gli
ultimi>>.(Papiro di Ossirinco, sent. 1 = Mc. X,31; Mt.
XIX,30; XX,16; Lc. XIII,30).
<<Il Signore disse: Tu vedi la pagliuzza nell'occhio
del tuo fratello e non vedi la trave nel tuo>>. (Oss.
1; Mt. XII; 3,5; Lc; VI,41,42).
<<Dopo aver cenato, come di costume, il Signore disse:
- Tutti in questa notte avrete occasione di caduta, secondo
quello che è scritto: <<Io percuoterò
il pastore e le pecore saranno disperse>>.
E avendogli detto Pietro: -Anche se tutti, io no,- il signore
rispose: - Prima che il gallo canti due volte, tu mi rinnegherai
tre volte>>. (Papiro di Fayyun - Mc. XIV 26,30; Mt.
XXVI 30,34).
<<Natanaele riconobbe, dicendo: Rabbi, Signore, tu sei
il figlio di Dio!.
Il Rabbi gli rispose: Natanaele, cammina al sole!
Gli rispose Natanaele e disse: Rabbi, Signore, tu sei l'agnello
di dio che toglie i peccati del mondo!>>. (Papiro di
Berlino - Giov. I 49; I 29).
Delle 350 sentenze dei vangeli gnostici di Tommaso, Filippo,
della Verità e delle altre contenute nei vari papiri,
non ce n'è nessuna che non sia stata usata per costruire
i vangeli canonici.
A questo punto, essendo venuti a conoscenza del fatto che
i vangeli canonici sono stati costruiti su frasi e sentenze
“brevi e laconiche riportate senza nessun ordine”,
possiamo finalmente capire il motivo per il quale i fatti
riferentisi alla vita di Cristo risultino nei quattro vangeli
canonici così privi di quella successione che ci sarebbe
dovuta essere se fossero stati riportati veramente da testimoni
oculari come sostiene la Chiesa, e perché i primi tre
risultino così uguali nelle espressioni da essere chiamati
sinottici.
Vangeli di Marco e di Matteo (pseudo)
Per spiegare cosa significa la parola “pseudo”
messa tra parentesi nel titolo, diciamo che la Chiesa, allorché
fece la cernita dei documenti riguardanti la vita di Cristo,
una cernita che tra conferme e ripensamenti si è protratta
per secoli se consideriamo che l'Apocalisse rimase in discussione
fino al VI secolo, dopo aver scelto come canonici i quattro
che più gli convenivano, dichiarò tutti gli
altri non validi dandogli il nome di “apocrifi”,
se rappresentati da un solo esemplare, e di “pseudo”
se invece di esemplari dello stesso documento ce n'erano due,
come nel caso del vangeli canonici che, essendo rappresentati
tutti e quattro da una duplice copia, avranno rispettivamente
uno paseudo.
Ma lasciando stare gli pseudo che si riferiscono a Luca e
a Giovanni che oltre ad essere troppo lungo spiegarne le origini
è anche di non importanza determinate al nostro scopo
che è quello di stabilire la data dei canonici, prendiamo
in esame soltanto lo psedo Marco e lo Pseudo Matteo.
Un'altra raccolta di sentenze, oltre quelle già considerate
nei vangeli di Tommaso, Filippo ecc.,fu riunita in due libricini
che furono attribuiti a due personaggi completamente ignorati
dalla storia, Marco e Matteo, che la Chiesa ha dichiarato
essere stati discepoli di Gesù.
Che questi due vangeli siano usciti tra il 135 e il 150 ci
viene dal fatto che i relatori di entrambi dimostrano di essere
a conoscenza della distruzione di Gerusalemme avvenuta nel
135 e che sono nominati da Papia, vescovo di Geropoli intorno
al 150, il quale così li definisce:
<<Marco, interprete di Pietro, redasse esattamente ma
senza ordine ciò che ricordava delle parole del Signore>>.
<< Matteo riunì in ebraico le sentenze del Signore
e ciascuno le tradusse come poteva>>.
Quale dei due pseudo vangeli sia stato scritto prima non si
può sapere con certezza anche se è convinzione
generale che quello di Marco sia stato il precedente.
<<Quale dei due è stato scritto prima dell'altro?
Quasi tutti sono d'accordo ad attribuire la precedenza a quello
di Marco per il fatto che tutti gli altri lo citano o lo ricopiano.
In realtà, tenuto conto degli arrangiamenti ulteriori,
questa prova non può essere considerata decisiva. Ma
poco comunque importa dal momento lo scarto fra i due è
assolutamente minimo>>. (Guy Fau. op.cit.pag. 89).
Infatti quello che c'interessa di questi due libricini è
il poter trarre da essi le prove dimostranti che i vangeli
canonici a loro attribuiti non sono stati scritti negli anni
40-50 (Matteo) e negli anni 60-65 (Marco) come la Chiesa sostiene,
ma soltanto dopo il 150, e non da testimoni presenti ai fatti
ma da falsificatori che, come vedremo nel capitolo dei vangeli
canonici, nulla avevano a che vedere con il mondo ebraico
e tanto meno con la Palestina.
Vangelo di Papia.
Questo vangelo, scritto da Papia, vescovo di Geropoli, fu
presentato da lui personalmente nel 135 alla comunità
essena di Roma sotto il titolo di “Detti e Sentenze
del Signore”, ma non ebbe una favorevole accoglienza
perché riconosciuto, come scrive S. Eusebio, “poco
intelligente nelle sue espressioni”, espressioni che,
se risultano sciocche ed assurde sul piano concettuale, assumono
invece una grande importanza su quello storico perché
ci fanno capire quanto la figura di Cristo fosse ancora così
teorica ed astratta nella prima metà del II secolo.
Prendendo spunto dal passo dell'Apocalisse (22.2) nel quale
si dice che “in mezzo alla piazza di Gerusalemme si
trova un albero di vita che dà dodici raccolti e produce
frutti ogni mese “, Papia trasse così una delle
sentenze riportate nel suo vangelo: <<Il Signore disse
che presto ci saranno vigne di 10.000 tralci che porteranno
ciascuno 10.000 ramificazioni aventi ognuna 10.000 grappoli
formanti ciascuno 10.000 acini e ogni grappolo produrrà
10.000 litri>>.
La frase, anche se non merita commento per la sua idiozia,
assume comunque una estrema importanza se si considera che
colui che ci parla così di Gesù è un
ecclesiastico che ricopre la carica di vescovo presso la comunità
di Geropoli in Frigia (Asia Minore culla dell'essenismo spiritualista
gnostico). Se non dovesse essere sufficiente la demenza di
questa sentenza per dimostrare quanto fosse ancora sconosciuta
l'incarnazione di Cristo, allora aggiungeremo che Papia, stando
a quanto afferma lo storico cristiano Mons. Duchesne nel suo
libro “Storia della Chiesa” (cap.I, pag 143, Ed.
Paris 1910), disconoscendo ogni morte sulla croce, sosteneva
ancora nel suo vangelo che Gesù era deceduto in “età
avanzata”.
<< Naturalmente, come tutti gli altri redattori di quel
tempo che per dare credito ai lo scritti li attribuivano a
personaggi che venivano dichiarati testimoni diretto o indiretti
della vita di Cristo, anche Papia fece lo stesso affermando
che ciò che aveva riportato sul suo libricino lo aveva
sentito raccontare da persone anziane che a loro volta le
avevano apprese direttamente dal discepolo Giovanni, come
risulta da S.Ireneo - (Haeresiae Cap. V 33-3) >> ( Las
Vergnas, op.cit. pag. 45).
Povero Giovanni, chissà come si rivolterebbe nella
tomba se venisse a sapere di tutte le fesserie che la Chiesa
ha scritto sotto il suo nome!
Vangelo di Marcione
Questo libro è il primo racconto coordinato della vita
di Cristo. Scritto da Marcione, filosofo gnostico di Sinope
sul mar Nero (Siria), fu portato da lui stesso nel 140 presso
la comunità di Roma che, anche se formata da elementi
culturalmente tra i meno sviluppati dell'epoca, andava prendendo
sempre importanza per il carisma che le veniva dal fatto di
essere nella capitale dell'Impero. Accolto inizialmente con
successo, dopo quattro anni soltanto fu respinto dalla stessa
comunità perché ritenuto eretico, cioè
contrario all'umanizzazione di Cristo della quale nel giro
di pochi anni ne era divenuta sostenitrice. (Non dimentichiamoci
che Marcione portò alla comunità di Roma, insieme
al suo vangelo, anche 200.000 sesterzi. La Chiesa sostiene
che gli furono restituiti al momento dell'espulsione. Sarà
vero? <<Conoscendo l'avidità del clero, a qualsiasi
religione appartenga, sono portato a dubitare fortemente di
questa restituzione>> (Guy Fau).
Anche se è stato distrutto, e possiamo ben immaginare
da chi, questo vangelo è stato in buona parte ricostruito
nei suoi punti più importanti attraverso le citazioni
dei suoi passi che gli autori cristiani, sostenitori dell'incarnazione,
riportarono nei loro libri per confutare le teorie gnostiche
che conteneva, cioè quelle teorie che sostenendo un
Salvatore essenzialmente spirituale ne negavano l'incarnazione.
I motivi per i quali il vangelo di Marcione assume una particolare
importanza nello studio della cristologia, sono due:
a) È attraverso la sua accettazione da parte della
comunità di Roma nel 140 e la sua conseguente respinta
avvenuta nel 144, che possiamo determinare con grande approssimazione
gli anni in cui avvenne la separazione tra gli esseni di origine
ebraica e gli esseni di origine pagana causata dall'introduzione
dell'Eucaristia.
b) Il vangelo di Marcione fu il primo a riportare un racconto
coordinato della vita di Cristo con tanto di riferimenti storici
e geografici che fino ad allora non erano apparsi in nessuno
di tutti gli altri scritti che invece si erano limitati a
citare di lui soltanto detti e sentenze. Sarà poi su
questi riferimenti storico-geografici riportati da Marcione
che verranno costruiti i quattro vangeli canonici.
La ricostruzione del vangelo di Marcione, fatta prima da Harnack
e poi da Cuchoud (Gesù, il dio fatto uomo- pag. 63
e segg.). possiamo così riassumerla nell'essenziale
dicendo che esso cominciava: <<Nel quindicesimo anno
del regno di Tiberio (cioè nell'anno 30) ai tempi del
procuratore Ponsio Pilato e Caifa Sommo Sacerdote, il Salvatore
figlio di Dio, discese dal cielo su Cafarnao, città
della Galilea, per cominciare da lì le sue predicazioni>>.
Su quali basi Marcione determinò l'anno 30 come inizio
delle prediche e Cafanao in Galilea come luogo nel quale esse
cominciarono? No dimentichiamo che Marcione era un ebreo e
che, come tale, era uno sostenitore di quelle argomentazioni
che gli gnostici avevano tratto dalla Bibbia per determinare
il periodo nel quale il Messia era passato tra gli uomini
senza essere riconosciuto: se la sconfitta del 70 era stata
una punizione inflitta da Dio al popolo ebraico per non aver
riconosciuto il Salvatore e Dio aveva atteso 40 anni prima
di punirli, come veniva affermato dalla profezia di Giacobbe,
facendo 70-40, la data non poteva essere che quella del trenta.
Per ciò che riguarda poi il luogo, se Marcione scrisse
che era Cafarnao ciò dipese da fatto che egli si attenne
a quella tradizione popolare che si riferiva a quel Giovanni
di Gamala che in qualità di Messia aveva infatti cominciato
le prediche partendo dalla Galilea.
Come conseguenza, una volta stabilita la data, venne da se
che fossero riportati nel vangelo i personaggi di quell'epoca,
quali Ponsio Pilato, governatore della Giudea, Caifa Sommo
Sacerdote e Tiberio imperatore regnante.
Che il Cristo di Marcione sia un Cristo senza nascita che
si presenta sulla terra in età già adulta prendendo
dell'uomo soltanto le apparenze, ci viene confermato da Tertulliano,
apologista cristiano, il quale nelle sue confutazioni contro
Marcione riporta un passo del suo vangelo nel quale si faceva
dire allo stesso Cristo di non avere una nascita terrestre:
<<Ipse contestantur se non esse natum. Tentaverunt per
mentionem matris et fratrum, ut scirent natusque esset an
non>>. (Poiché egli stesso (Cristo) negava di
essere nato, lo tentarono nominandogli sua madre e i suoi
fratelli). Ma lui conferma la sua natura essenzialmente spirituale
rispondendo: <Io non ho madre, io non ho fratelli>>
Questo passo nel quale viene riportato un Cristo che nega
di avere una madre e dei fratelli per dimostrare che la sua
origine non è terrena, se trova giustificazione in
un vangelo gnostico quale quello di Marcione, diventa una
contraddizione nei vangeli materialistici canonici nei quali
fu sconsideratamente riportato (ricopiato) dai redattori di
Marco (Mc. III,33), Matteo (XII,48) e Luca (VIII,21).
Per Marcione Gesù non poteva essere nato secondo la
carne perché sarebbe stato vergognoso per un Dio confondersi
con la materia.
<<Gesù ha preso una somiglianza d'uomo perché
se fosse divenuto veramente uomo avrebbe cessato di essere
un dio>>, afferma Marcione nel suo vangelo secondo Crisostomo
che ne riporta la frase nella sua lettera ai Filippesi. (II,7).
Un altro argomento che rende interessantissimo il vangelo
di Marcione per dimostrare che tutta la storia della crocifissione
è un'invenzione della metà del II secolo, ci
viene dal fatto che essa era completamente sconosciuta fino
al 144, dal momento che egli è il primo a parlarne
ma in una forma del tutto immaginaria e sovrannaturale: <<Marcione
è il primo che parla di crocifissione, anche se la
sua è una crocifissione più simbolica che reale
perché voluta dagli Arconti (demoni appartenenti alla
teoria gnostica) che la operarono servendosi delle autorità
di Gerusalemme, tanto che la sua morte fu solo apparente perché
il suo corpo non era di carne>>. (Gay Fu. op.cit. pag.
81).
Siamo nel 144 e Gesù nella sua figura di essere celeste
che discende sulla terra in età già adulta,
senza padre né madre, che muore per opera degli Arconti,
ma in maniera soltanto apparente, ancora non ha nulla di quel
Cristo che in seguito si farà nascere da una donna
e si farà morire sulla croce quale dio incarnato.