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Processi
Richiesta
di archiviazione
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI VITERBO.
N. 1294/04 R.G. notizie di reato.
RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE
(art. 408- 411 C .P.P.).
Il Procuratore della Repubblica
Letti gli atti, osserva:
la denuncia pesentata dal Cascioli è una sostanziale riproposizione del contenuto di quella presentata il 13.09.02 definita con procedimentoi allegato, con la esatta individuazione del Righi Enrico, mediante la produzione del certificato di residenza non con la generica indicazione del nome unitamente alla indicazione di “...tutti gli altri ministri del Culto cattolico...”.
Nel merito non possono che richiamarsi le osservazioni svolte dal G.I.P. nel provvedimento di archiviazione del 23.11.03. Altresi non può che rilevarsi e ribadirsi la manifesta infondatezza della notizia di reato.
Totalmente estranea alla sede giudiziaria ogni indagine sulla materia prospettata dal Cascioli.
Infine per quanto concerne l'art. 494 C .P., oltre a quanto oservato dal GIP, risulta incomprensibile chi avrebbe operato la sostituzione a meno di non voler arditamente e infondatamente ipotizzare che Righi abbia attribuito a Cristo un falso nome o un falso stato o qualità alle quali la legge attribuisce effetto giuridici.
Quanto al reato di cui all'art. 661 C .P., è del tutto inesistente non potendosi neppure ipotizzare che Righi abbia realizzato o utilizzato una impostura, cioè una falsa rappresentazione del vero, speculando sulla proclività a presstare credito per ignoranza, suggezione o superstizione ad ogni sorta di ciurmeria (in tal caso si pronunciava una non più recente sentenza della S.C.) con possibilità di turbamento dell'ordine pubblico.
P.Q.M.
chiede che il Giudice per le indagini preliminari in sede, voglia disporre l'archiviazione del procedimento e ordinare la conseguente restituzione degli atti a questo ufficio.
Viterbo, lì 28 agosto 2004.
Il Pubblico Ministero
Dott. Renzo Petroselli
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Commento alla richiesta di archiviazione del 15 sett. 2004.
I motivi per i quali il Dott. Petroselli ha richiesto l'archiviazione sono:
1) la denuncia presentata dal Cascioli è una sostanziale riproduzione del contenuto di quella presentata il 13.09.2002...
2) ...con la sola differenza che in questa c'è l'esatta individuazione del Rigni Enrico, mediante la produzione del certificato di residenza e non la generica indicazione del nome unitamente alla indicazione di ...tutti gli altri ministri del culto cattolico...
3) Nel merito non possono che richiamarsi le osservazioni svolte dal GIP, nel provvedimento di archiviazione del 23.11.03. Altresì non può che rilevarsi e ribadirsi la manifesta infondatezza della notizia di reato.
4) Totalmente estranea alla sede giudiziaria ogni indagine sulla materia prospettata dal Cascioli.
5) Infine, per quanto concerne l'art. 494 C .P., oltre a quanto osservato dal GIP, risulta incomprensibile chi avrebbe operato la sostituzione a meno di non voler arditamente e infondatamente ipotizzare che Righi abbia attribuito a Cristo un falso nome o un falso stato o qualità alle quali la legge attribuisce effetti giuridici.
6) Quanto al reato di cui all'art. 661 CP., è del tutto inesistente non potendosi neppure ipotizzare che il Righi abbia realizzato o utilizzato una impostura, cioè una falsa rappresentazione del vero, speculando sulla proclività a prestare credito per ignoranza, suggestione o superstizione ad ogni sorta di ciurmeria (in tal senso si pronunciava una non più recente sentenza della S.C.) con possibilità di turbamento dell'ordine pubblico.
Commenti e obiezioni:
1) << La denuncia presentata dal Cascioli è una sostanziale riproduzione del contenuto di quella presentata il 13.09.2002>> .
Non poteva essere che così dal momento che la prima è stata ignorata nei suoi contenuti sia dal Pubblico Ministero Petroselli che dal Giudice Mautone tanto che le osservazioni da essi fatte erano così incomplete e travisate da sembrare che si riferissero ad un altra denuncia.
D'altronde cos'altro si sarebbe potuto fare, per farsi intendere, se non ripetere le stesse cose a dei sordi che non avendola sentita hanno risposto tacendone una parte, come nel caso dell'art. 494 che è stato del tutto ignorato, e travisandone un'altra dichiarando “ignota” una persona ben specificata con nome, residenza e professione?
Come può il Pubblico Ministero dire che le due denunce sono uguali quando lui stesso ha deformato i contenuti della prima da renderla sostanzialmente del tutto differente dalla seconda?
Questa osservazione che il Pubblico Ministero usa come introduzione non può essere che la dimostrazione di una recidività che ci porta a chiedergli: << Se lei, Dott. Petroselli, riconosce che le due denunce sono uguali, come può non aver capito che nella prima l'imputato si chiamava Enrico Righi e che una delle accuse rivolte a lui era la sostituzione di persona?>>.
Ma quello che maggiormente stupisce in questo procedimento processuale è il fatto che sia stata confermata la stessa persona a esprimersi sulla seconda denuncia, quello stesso Pubblico Ministero che ha dimostrato di seguire nella prima un comportamento così fazioso e incompetente da meritare un esposto presso il tribunale di Perugia per violazione degli Artt. 125, 134 e 392 C .P.P.
Questo è l'incomprensibile, di cui si fa responsabile il procuratore capo del Tribunale di Perugia; l'aver permesso a un magistrato, già una volta dimostratosi iniquo, di poter perseverare nella sua recidività di incompetente e di fazioso.
Come si può riconfermare nello stesso incarico un magistrato che ha gestito la prima fase procedimentale ignorando nella maniera più assoluta quei principi di legge che escludono ogni coinvolgimento alla causa delle proprie convinzioni personali e ogni forma di soggezione derivante da un vile servilismo verso la parte più potente dei due antagonisti rappresentata, in questo caso, dalla Chiesa Cattolica nella persona del suo ministro don Enrico Righi?
Cosa hanno fatto, per evitare il ripetersi delle stesse falsificazioni e contraffazioni della verità da parte del Pubblico Ministero quelle autorità alle quali, in un esposto del 12 giugno 2003, Luigi Cascioli si è rivolto per avere giustizia?
Cosa hanno fatto “ il Signor Presidente della Repubblica, il Consiglio Superiore della Magistratura, il Presidente del Tribunale di Viterbo, il Procuratore Generale della Repubblica presso la corte d'Appello di Roma, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Viterbo , per impedire che nella causa intentata da Luigi Cascioli contro don Enrico Righi, parroco di Bagnoregio, si reiterassero gli stessi abusi già usati dal Pubblico Ministero Petroselli e dal G.I.P. Mautone allorché dichiararono infondate le notizie di reato non sulla base di una dimostrazione derivante da una perizia (Art.394 C.P.P.) ma esclusivamente su giudizi e ipotesi personali che, privi di ogni spiegazione e giustificazione legale, oltre che inattendibili per la loro genericità, sono da considerarsi illeciti e , quindi, assolutamente non accettabili perché in palese violazione degli Artt. 125 e 394 del C.P.P.
Cosa hanno fatto tutti costoro per garantire il rispetto della legalità che è sancito dalla Costituzione? Nulla, assolutamente nulla! Un menefreghismo totale da parte di tutti che fa pensare alle cose peggiori, quale, sopra tutte, una tacita intesa camorrista che porta a tradire ogni principio di onestà e di giustizia pur di assecondare il dispotismo di Santa Madre Chiesa, quell'autoritarismo ben conosciuto che le permette di manovrare, attraverso minacce di ritorsioni e di ricatti, gli esseri come marionette in mano ad un burattinaio.
2) << ...con la sola differenza che in questa c'è l'esatta individuazione del “Righi Enrico”, mediante la produzione del certificato di residenza e non la generica indicazione del nome unitamente alla indicazione di...tutti i ministri del Culto Cattolico ...>>.
E il raggiro usato nella prima archiviazione per escamottare la denuncia facendo passare don Enrico per un ignoto, continua ancora ad essere difeso dicendo che nella seconda denuncia, l'individuazione del Righi Enrico non è più generica, come nella prima, essendo corredata da un certificato di residenza.
Come può il Petroselli insistere a sostenere che nella prima denuncia l'imputato era stato citato in forma generica quando di lui viene detto nome, cognome, indirizzo e professione? E cosa c'entrano, poi, tutti gli altri ministri del culto cattolico (culto cattolico che il rispettoso Dott. Petroselli scrive in maiuscolo per confermare la sua devozione verso Santa Madre Chiesa) con il nome di Enrico Righi? La risposta è semplice: il Dott. Petroselli cerca di giustificare l'attribuzione di “ignoto” precedentemente data a persona che invece risultava ben specificata, coinvolgendo la figura di don Enrico Righi nella genericità di quei ministri del culto che nella denuncia venivano citati soltanto come esempio per spiegare la gravità che comporta con la sua estensione generale una propalazione di fatti falsi gabellati come veri.
E questa sicuramente è stata la giustificazione portata dal Petroselli in seguito all'esposto inviato al Tribunale di Perugia per ciò che riguarda quell' ignoto da lui usato per nascondervi dietro il prete Enrico Righi e tutta la Chiesa da lui rappresentata con la qualifica di suo ministro.
<< Se l'imputato l'ho dichiarato ignoto è perché nella denuncia veniva confuso nel suo reato con tutti i ministri del culto cattolico >>, avrà risposto il Pubblico Ministero Petroselli per giustificarsi al tribunale di Perugia. Mi pare di sentirlo, di vederlo... E cosa ha risposto il Procuratore Generale ad una discolpa così evidentemente ingarbugliata e puerile da renderla simile a quelle a cui ricorrono i bambini quando sono sorpresi a rubare la marmellata?
Lo sapremo e lo riferiremo, secondo i risultati, a chi di dovere, perché l'esposto, depositato al Tribunale di Perugia contro il signor Petroselli, sarà seguito con particolare interesse dovendo far parte di quel dossier che sarà inviato a chi di competenza per avere la giustizia che viene negata dalle autorità italiane.
3) << Nel merito non possono che richiamarsi le osservazioni
svolte dal GIP (Dott. Mautone), nel provvedimento di archiviazione
del 23.11.03. Altresì non può che rivelarsi
e ribadirsi la manifesta infondatezza della notizia di reato>>.
Viene sostenuta così, per la terza volta, “ l'infondatezza della notizia di reato”, senza esplicitarne le cause, prendendo come supporto per tale affermazione la seconda archiviazione che il GIP Mautone aveva disposto, il 23/11/2003 (senza portare a sua volta nessuna giustificazione), accettando come buona la prima archiviazione richiesta dal Pubblico Ministero Petroselli, priva anch'essa di ogni spiegazione dimostrante l'infondatezza della notizia di reato.
Tre archiviazioni prive di giustificazione che i due magistrati si rimandano l'uno all'altro, come in una partita di ping pong che possono pemettersi di giocare, in una recidiva reciproca violazione degli Artt.125 e 394, per quella garanzia di impunibilità che gli viene dalla benedizione di Santa Madre Chiesa e dal tacito consenso di tutte quelle autorità, precedentemente menzionate che, permettendo ai tribunali un tale comportamento, rischiano di far ritornare l'Italia a un'espressione geografica.
4) << È totalmente estranea alla sede giudiziaria
ogni indagine sulla materia prospettata dal Cascioli>>.
(Qui si dovrebbe spiegare che la denuncia non si riferisce
ad argomenti di natura teologica ma espressamente ad una ingannevole
presentazione di fatti storici giuridicamente controllabili).
5) << Infine per quanto concerne l'art. 494 C .P., oltre a quanto osservato dal GIP (Mautone), risulta incomprensibile chi avrebbe operato la sostituzione a meno di non voler arditamente e infondatamente ipotizzare che Righi abbia attribuito a Cristo un falso nome o un falso stato o qualità alle quali la legge attribuisce effetti giuridici >>.
Quale altro scopo può avere questa osservazione se non quello di creare volutamente una confusione nei capi d'accusa espressi nella querela dove chiaramente Don Enrico Righi non viene accusato per aver operato la sostituzione, ma di avere sostenuto falsamente la figura storica di un Gesù mai esistito. Come si sarebbero potute attribuire a lui le falsificazioni se egli stesso dichiara, come risulta dal Bollettino allegato alla denuncia, che egli si limita a ripetere ciò che altri hanno scritto sotto i nomi di Matteo e di Giovanni?
Don Enrico non è accusato di avere operato la sostituzione di persona, ma soltanto di essere il divulgatore e il sostenitore di essa.
È egli colpevole di questo reato di cui è accusato? Ciò si può sapere soltanto da una perizia che tenda a dimostrare, come viene detto nella richiesta di incidente probatorio, se la figura di Gesù il Cristo, come viene diffusa da don Enrico, abbia fondamento reale ed aderenza a dati storici o meno.
Se la figura storica di tale figura venisse accertata non vi sarebbe alcun reato, mentre se fosse una mera figura costruita con falsificazioni consistenti a interpolazioni di altri scritti e manomissioni, come viene dimostrato dalle prove portate da Luigi Cascioli, vi sarebbe senza dubbio una falsità di base che integrata con l'opportuno elemento psicologico, determinerebbe la sussistenza dei reati enunciati nella denuncia-querela.
Sorprendente poi è l'osservazione del Pubblico Ministero allorché ritiene incomprensibile come si possa accusare don Enrico Righi di “ aver attribuito a Cristo un altro nome”, quando invece nella denuncia viene accusato chiaramente per aver dato a Giovanni di Gamala il nome di Gesù.
È come se Tizio, dopo aver denunciato Caio per contraffazione di etichetta per aver sostituito quella originale del vino d'Orvieto con un'altra con su scritto Frascati, si sente rispondere dal giudice che la sua accusa viene rigettata perché non si riesce a capire “come Caio abbia potuto dare all'etichetta Frascati un altro nome”.
Un imbroglio sicuramente voluto per escamottare quello che in questo caso il tribunale avrebbe dovuto fare se avesse voluto determinare la verità riguardo lo scambio di etichetta, accertarsi cioè come prima cosa della natura del vino contenuto nella bottiglia!
A titolo informativo diremo che la storia sopra riportata è vera e che sono stati cambiati i nomi dei personaggi che in confidenza corrispondevano quello di Tizio, il falsificatore, ad un'alta personalità del vaticano, e quella di Caio, il denunciante, ad un povero contadino di una delle nostre valli... capito l'ingranaggio?
Una cosa è certa: don Enrico non è stato accusato di aver cambiato l'etichetta, ma soltanto di aver venduto un vino su cui altri avevano messo un'etichetta falsa. Egli, come esperto in materia, almeno così si presuppone che lo sia quale ministro divulgatore delle verità della Chiesa, dovrebbe conoscere il contenuto della bottiglia a meno che non porti come giustificazione una personale ignoranza.
Se don Enrico è consapevole o no di questa sostituzione sarà lui a dirlo e quindi a dimostrarlo. Quello che si deve fare intanto, come prima cosa, è di accertarsi se il vino contenuto nella bottiglia è Orvieto o Frascati. Poiché il Giudice non è un enologo, egli dovrà nominare un esperto che attraverso le opportune analisi li stabilisca, un esperto in cristologia che noi abbiamo sollecitato attraverso una richiesta di “ incidente probatorio ” per i diritti che ci vengono dall'art. 393 I comma C:P:P: che nel caso di specie sono:
a) espletamento di perizia tesa a determinare la natura storica o fantastica di Gesù Cristo, che costituisce un prius logico per la sussistenza dei reati per i quali si chiede procedersi;
b) la prova è da assumersi nei confronti di don Enrico Righi;
c) la prova non può essere rinviata a dibattimento poiché procurerebbe una sospensione superiore a gg. 60 e, quindi, si rientra nel campo di applicazione dell'art. 392 II comma C.P.P.
5) << Quanto al reato di cui all'Art. 661 C .P., è
del tutto inesistente non potendosi neppure ipotizzare che
Righi abbia realizzato o utilizzato una impostura, cioè
una falsa rappresentazione del vero, speculando sulla proclività
(predisposizione) a prestare credito per ignoranza, suggestione
o superstizione ad ogni sorta di ciurmeria (imbroglio o raggiro)
con possibilità di turbamento dell'ordine pubblico
>>.
Questo è un caso che non si può risolvere attraverso delle ipotesi ma soltanto ed esclusivamente con l'accertamento dei fatti. L'accusa afferma e dimostra che Gesù non è mai esistito e che Don Enrico, presentandolo come personaggio storico a persone che ignorano la verità, commette un reato, punto e basta.
Ciò che il giudice deve fare è soltanto stabilire se Gesù è esistito o no. Come nel caso della bottiglia che esige un'analisi enologica per accertare attraverso la qualità del vino se l'etichetta giusta sia quella con su scritto Orvieto o Frascati, così per l'esistenza di Gesù si deve eleggere un perito d'ufficio esperto in questioni cristologiche per poter stabilire se dietro il personaggio in discussione c'è Giovanni di Gamala o Gesù Cristo e quindi emettere una sentenza di assoluzione o di condanna.
Per ciò che riguarda poi il turbamento dell'ordine pubblico, si può stabilire se c'è o no, soltanto analizzando i fatti secondo il contenuto espresso nell'articolo del C.P.
Abuso della credulità popolare. (art.661).
<< Chiunque, pubblicamente, cerca con qualsiasi impostura, anche gratuitamente , di abusare della credulità popolare è punito, se dal fatto deriva un turbamento dell'ordine pubblico, con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a ...>>.
Questa disposizione della legge di Pubblica Sicurezza proibisce ai mistificatori di poter esercitare tale loro mestiere e in relazione ad essa è la disposizione contenuta in questo articolo con la quale si stabilisce che sia dichiarato in contravvenzione chi cerchi con qualsiasi impostura di abusare della credulità popolare, se da ciò ne deriva un turbamento dell'ordine pubblico.
Per verificarsi la contravvenzione è necessario che il fatto sia commesso pubblicamente e possa turbare l'ordine pubblico. Per Impostura s'intende qualsiasi simulazione atta a trarre in inganno.
Quando vi concorrano altri elementi, quale il trarre per se o per altri un ingiusto profitto, si può con
l'impostura commettere il delitto di truffa.
Questo articolo, fatto per proteggere coloro che si lasciano facilmente ingannare, ha un valore soltanto “ contravvenzionale ” e, perché sia commesso, “ non è necessario che il fine propostosi dall'agente sia di natura patrimoniale”, cioè non è necessario che colui che lo commette tragga da esso un beneficio economico.
Cosa significa contravvenzionale? Significa che per essere applicato è sufficiente che nel reato ci sia soltanto l'elemento psicologico della colpa , cioè la sola intenzione di indurre le persona a cadere nell'inganno sulla falsa rappresentazione della verità. Per cui non è da confondersi “turbamento dell'ordine pubblico” con qualcosa di sconvolgente quale potrebbe essere un tumulto o una sommossa come si è portati a credere.
Come si realizza il turbamento dell'ordine pubblico attraverso un'azione psicologica?
Il turbamento psicologico della colpa si riscontra ogni qualvolta si alterano i meccanismi del fenomeni mentali ed affettivi portando le persone a credere e, quindi, ad accettare per vero ciò che in realtà è falso. Se un giornale scrive che un mostro ha seviziato dei bambini, esso, alterando i meccanismi psicologici delle persone, provoca un emozione nella massa capace di turbare l'ordine pubblico. Se la notizia è vera, il giornale non commette il reato che invece commetterebbe se il fatto non fosse veramente accaduto.
Detto questo, è facilmente dimostrabile che la stessa azione psicologica generata da una falsa notizia capace di turbare l'ordine pubblico si realizza ogni volta che don Enrico genera emozione nella popolazione ogni volta che parla pubblicamente della passione di Gesù, e ancor più quando espone la sua figura appesa sanguinante a una croce portata in processione per le strade di un paese creando uno stato generale di cordoglio come nella settimana di Pasqua. E questo è soltanto un esempio tra i tanti altri, attribuibili a don Enrico, capaci di creare un disordine pubblico derivante da un turbamento psichico di massa, quali il minacciare in nome di un falso personaggio di castighi terreni ed eterni chi non segue i suoi insegnamenti, il convincere a praticare digiuni ed astinenze, l'accettare repressioni sessuali e il far credere che attraverso il dolore si perviene alla perfezione senza contare quell'uso che fa quotidianamente di quel pezzettino di pane a forma di ostia che fa ingurgitare ai suoi seguaci dicendo che è il corpo di un uomo chiamato Gesù, cioè il corpo di un qualcuno che non è mai esistito.
Tutti abusi della credulità popolare capaci di alterare l'ordine psicologico delle persone che don Enrico fa dipendere dalla sua affermazione sulla incarnazione di Gesù da lui supportata e garantita nel bollettino parrocchiale di marzo-aprile 2002 attraverso ben specifiche affermazioni biografiche, quali la dichiarazione della sua patria, dei suoi genitori, dei suoi fratelli e un'infinità di tante altre referenze che lui dice di aver tratto da documenti redatti da certi Matteo e Giovanni.
Hanno questi due redattori, citati da don Enrico come biografi della vita di Gesù, scritto del vero o del falso? È questo che si deve appurare attraverso l'intervento di un perito di tribunale specializzato in cristologia. Se la perizia accertasse la natura storica di tale personaggio non vi sarà alcun reato da parte di don Enrico quale sostenitore della sua esistenza storica, mentre se il Cristo dovesse risultare una mera figura costruita da falsari, allora vi sarebbe una falsità di base che, integrata con l'elemento psicologico, determinerebbe la sussistenza dei reati enunciati nella denuncia-querela.
Una cosa è certa e la ripetiamo affinché sia ben capita da coloro che leggono: don Enrico Righi, anche se non è il falsificatore dei documenti, cosa questa che noi escludiamo nella denuncia, è certamente colui che li usa per affermare delle falsità. È in buona o in mala fede? A noi questo non interessa saperlo dal momento che il nostro scopo è soltanto quello, una volta che risultasse falsa la figura storica di Cristo, di interdire nel futuro che non vengano più propalati fatti falsi che, facendoli passare per veri, possano determinare un turbamento dell'ordine pubblico a causa dell'alterazione dei fenomeni mentali che producono.
Quello che si vuole è che don Enrico non affermi più pubblicamente che Gesù è storicamente esistito qualora ne venisse dimostrata la non esistenza.
Se poi don Enrico volesse continuare a sostenere un'incarnazione sostenuta da un “credo” è liberissimo di farlo essendo noi i primi a riconoscere che l'argomento, così impostato, non può essere affrontato nelle aule di un tribunale per la sua natura essenzialmente spirituale, cioè fideista e teologica.
Sostituzione di persona (Art.494 C.P.).
<< Chiunque al fine di procurare a se o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome o un falso stato, ovvero un qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino ad un anno >>.
L'elemento materiale del delitto consiste nell'indurre qualcuno in errore, cioè nell'ingannarlo indicando uno del mezzi indicati nell'articolo stesso, così sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona o attribuendo ad altri un falso nome o un falso stato , ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici.
Escluso il primo caso, cioè che Enrico Righi si sia lui sostituito ad altra persona, consideriamo il secondo, cioè l'attribuire ad altri un falso nome o un falso stato o qualità alle quali la legge attribuisce effetti giuridici.
Lo “ stato ” a cui la legge attribuisce effetti giuridici è la condizione che si ha nella vita civile e domestica come cittadino o straniero, coniugato o celibe, di genere maschile o femminile ecc.
L'elemento morale del delitto consiste nella volontà e nella coscienza di procurare a se o ad altri un vantaggio, o un danno, con la sostituzione indicata nell'articolo dove per vantaggio s'intende una qualsiasi utilità, anche non patrimoniale.
Distinguiamo ora gli elementi dell'articolo per dimostrare la fondatezza della denuncia:
1) Attribuire ad altri un falso nome a cui la legge attribuisce effetti giuridici.
2) Lo “ stato” a cui la legge attribuisce effetti giuridici.
3) La coscienza di procurare a se o ad altri una qualsiasi utilità che può essere di natura patrimoniale e non patrimoniale.
1)Il reato si è realizzato sostituendo Giovanni di
Gamala, personaggio storicamente esistito, con un altro del
tutto immaginario a cui è stato dato il nome di Gesù.
2) Don Enrico ha attribuito a Gesù, attraverso una biografia ben definita della sua vita, un nome, una discendenza atavica, una professione e generalità, le condizioni richieste dalla legge perché abbia quello “ stato ” a cui la legge attribuisce effetti giuridici e lo fatto in maniera così chiara e concreta da ritenersi egli stesso un suo erede quale divulgatore degli insegnamenti dallo stesso espressi durante la vita di uomo-predicatore.
3) Utilità patrimoniale e non patrimoniale che don Enrico Righi ricava dalla figura di Gesù detto il Cristo:
a) Patrimoniale: la figura di Gesù è alla base di una attività professione retribuita dietro il compenso di una paga annua che si aggira intorno ai 15.000 Euro provenienti dall'8 per mille abbinata alla dichiarazione dei redditi e dalle prestazioni liturgiche che fornisce ai suoi seguaci, dietro una retribuzione stabilita dalla CEI in un ben esplicito tariffario che stabilisce Euro 10 per una messa ai defunti, Euro 10 per comunione a domicilio, Euro 15 per estrema unzione, Euro 50 per un matrimonio.
b) Non patrimoniale: Gli utili che trae in vista di determinati vantaggi previsti come base di colpa dall'articolo 661 si realizzano nel rispetto che gli viene dall'essere, quale parroco, una delle personalità del paese, la considerazione e gli ossequi che riceve dai fedeli che vedono in lui il reverendo rappresentante in terra di Cristo, l'autorità che gli viene riconosciuta di celebrare matrimoni, di assolvere i peccati, di elargire grazie attraverso private e pubbliche benedizioni, di autodefinirsi garante di una vita oltre tomba, di essere l'intermediario tra la terra e il cielo, di possedere il carisma di colui che può decidere la morale e il destino della società intervenendo su problemi di etica prettamente laica quali il divorzio, il concubinato, la procreazione, l'omosessualità ecc. e tutto per quel carisma che gli viene da un abuso della credulità popolare che lui don Enrico righi, realizza sostenendo pubblicamente l'esistenza di un personaggio, Gesù detto il Cristo, che in realtà, stando alle prove portate nella denuncia, non è mai esistito.